Project Description
Pregare è stare con Dio come un amico
Ripresa
Concludiamo questa sera la parte fondante di questa scuola di preghiera, poi, dal mese prossimo, avremo tre casi di preghiera importanti che coinvolgono tutti noi. Questa prima parte della scuola ha visto appuntamenti molto ravvicinati e, quindi, siamo in grado anche questa sera di farci un esame di coscienza, tanto più che si avvicina il Natale, per vedere anche come stiamo attendendo il Signore e cosa possiamo fare in questa novena che inizia. Questa sera, continuando e concludendo il discorso della volta scorsa nel quale abbiamo messo a tema la preghiera comunitaria, liturgica, ci concentriamo sulla preghiera personale. È un mondo, un universo su cui si potrebbero dire mille cose. Ovviamente operiamo una scelta. Partendo, come sempre, da un esame iniziale.
Esercizio iniziale
Invito a chiedersi:
- Cos’è per me la preghiera personale?
- Come prego io quando sono da solo?
- Quante forme conosco di preghiera?
- La mia preghiera varia o è sempre la stessa?
- Da chi o da che cosa mi lascio aiutare per la mia preghiera?
- In che senso la preghiera accompagna e arricchisce la mia vita?
- Più particolarmente come vivo la preghiera in preparazione a questo Santo Natale?
La preghiera personale
La preghiera personale è un universo. Esistono differenti forme di preghiera personale. Ne cito alcune:
- La preghiera mnemonica, ovvero la preghiera fatta a memoria, come può essere la ripetizione di formule. È una preghiera che accompagna molte persone, che si addice perfettamente ad alcune stagioni della vita o ad alcuni momenti particolari dell’esistenza. A questo proposito possiamo anche interrogarci su quali forme di preghiera conosciamo. Certo il Padre nostro, l’Ave Maria, il Gloria, l’eterno riposo, l’Angelo di Dio, la Salve Regina… ma esistono anche altre forme di preghiera a memoria che potremmo sapere o che siamo invitati a recuperare: l’Angelus, il Memorare, l’Ave Maris Stella, gli atti di fede, speranza, carità, dolore, il Salmo 50… la lista potrebbe anche essere lunga. Vi invito a non sottovalutare questa forma di preghiera che è utilissima in alcuni momenti della vita, perché ci consente di pregare, per esempio, mentre siamo in auto, mentre attendiamo in una sala d’aspetto, mentre siamo sotto esame medico… tantissime persone pregano in questo modo. Mi pare di capire che ci siano alcuni tempi della vita in cui la preghiera a memoria è l’unica che rimane. Nella tarda vecchiaia, quando uno non ha più la voglia o la forza di leggere, rimane questa.
- La meditazione. È una forma di preghiera simile a quella che stiamo facendo insieme. Normalmente si parte da un brano biblico, ma può anche essere su un testo di un autore spirituale. La lectio biblica è raccomandatissima e, anche a mio parere, dovrebbe essere la forma di preghiera di un cristiano adulto. Sarebbe bello se tutti noi, come credenti, potessimo leggere il Vangelo della domenica da soli, magari prima della domenica, o se si vuole come ripresa nella settimana ripensando alla domenica precedente, così da essere pronti quando siamo in chiesa per la lettura e la meditazione guidata su quel testo. Certo, poi, ci sono forme più estese e ci sono uomini, donne che leggono per esempio in maniera continuativa un Vangelo, una lettera di Paolo, un libro della Bibbia, o parti di esso, specie se ci si riferisce al Primo Testamento. È una preghiera molto bella, complessa, richiede un tempo disteso, ma dilata gli orizzonti del cuore, fa crescere nella fede, arricchisce di molte esperienze.
- La contemplazione. È quella forma di preghiera che la Chiesa propone attraverso l’adorazione, ovvero lo stare dinanzi al Santissimo Sacramento solennemente esposto. È un momento di preghiera nel quale siamo invitati a contemplare, cioè non tanto a parlare o a leggere, ma a lasciare che il Signore guardi a noi mentre noi guardiamo Lui. È una forma di preghiera che richiede una certa concentrazione, ma è potentissima. Stare alla presenza di Dio arricchisce e permette di guardare a tutto, anche a noi stessi, come ci guarda il Signore Gesù attraverso il Sacramento. Quest’anno abbiamo diverse forme di proposta per la preghiera di contemplazione. Potreste verificare se le conoscete e a quale di esse aderite.
- La preghiera mariana. La preghiera principale è il santo Rosario, che è la preghiera più diffusa. È commovente anche pensare che non solo molti di noi recitino questa preghiera in attesa e come preparazione alla S. Messa, ma moltissimi si connettano con Lourdes, con Roma, con altre sedi di preghiera mariane sparse qua e là nel mondo. È certamente una forma di preghiera semplice, ma molto opportuna e molto biblica. Se noi recitiamo il Rosario ripensando ai misteri della vita di Cristo, possiamo penetrare più profondamente ciò che leggiamo nel Vangelo. È una forma di preghiera tipica dei “poveri di spirito”, cioè delle persone che si affidano a Dio con tutto il cuore. È tutt’altro che una preghiera povera. È, anzi, una preghiera che deve essere riscoperta notevolmente.
- Il pellegrinaggio. C’è un ritorno di moda dei pellegrinaggi. Non solo nella forma consueta di visita a santuari, che sta conoscendo nuove stagioni, ma soprattutto attraverso il pellegrinaggio a piedi. Mentre alcuni non sono mai cessati, come quello a Santiago de Compostela, altri stanno riprendendo: pensate alla via francigena verso Roma, alla via di Benedetto, alla via di Agostino, alla via di Francesco…
- La lettura della vita dei santi. Un tempo andava molto di moda, oggi molto meno. Eppure la lettura dell’agiografia di alcuni santi è importantissima. Ci permette di vedere che i sogni, i desideri di uomini e donne di tutti i tempi hanno acceso nelle anime un gusto per la santità che può essere anche nostro. Leggere la vita dei santi potrebbe aprirci ad una visione diversa delle cose, della vita, di tutto il nostro essere. Una visione più ricca e più indirizzata verso Dio.
Ci sarebbero anche molte altre forme di preghiera. Vorrei però invitare a considerare come occorrerebbe una seria alternanza tra le diverse forme di preghiera, mentre, spesso, noi siamo fossilizzati su una sola esperienza di preghiera. Credo che per la maggior parte di noi, pregare voglia dire “dire le preghiere”. Mentre non tutti conosciamo altre forme di preghiera e, soprattutto, non capiamo che i diversi momenti della vita e i diversi stati dell’anima, chiedono un alternarsi di modi, di forme e di tempi. Credo che la vera domanda per un arricchimento spirituale personale potrebbe essere questa:
- Quale forma conosco?
- Quale forma di preghiera pratico?
- Adesso, in questo momento, di cosa ha bisogno la mia anima?
Se, infatti, l’anima ha una sua storia, non possiamo certo nutrirla sempre allo stesso modo. Dovremmo discernere i diversi tempi, i diversi bisogni e, quindi approfittare di diversi nutrimenti che possiamo avere a disposizione. Senza questa ricchezza, la nostra anima avrà un cammino certamente molto poco intenso. Approfittando della ricchezza e della tradizione spirituale da cui veniamo, possiamo nutrire l’anima in modo molto diverso.
Essendoci introdotti nella preghiera personale, come sempre ricorriamo al testo biblico. Anche qui avremmo potuto scegliere una serie innumerevole di testi, ma scelgo Elia profeta. Un uomo che ha saputo parlare con Dio.
la preghiera di Elia
1 re 19, 1-18
Il contesto
Il contesto della vita di Elia, profeta maggiore di Israele, è molto complesso. È il contesto di un popolo che, a partire dai suoi capi, soprattutto dai governanti, dai re, ha abbandonato il Signore. Il tempo di Elia è il tempo della poca fede, è il tempo della dimenticanza di Dio. Elia è il profeta che deve richiamare alla conversione a Dio. Già il suo nome dice questo. Elia, letteralmente, significa: “il Signore è il mio Dio”. Con questo nome Elia vuole richiamare già tutti coloro che si sono allontanati da Dio, tutti coloro che sono diventati idolatri, tutti coloro che non hanno osservato la legge di Dio, tutti coloro che lo hanno rinnegato. Tutta la sua vita, poi, è occasione di testimonianza, di predicazione, di richiamo perché il pensiero di Dio torni nei cuori. In questo senso Elia è profeta modernissimo, profeta che è vicino al nostro tempo, profeta che richiama il nostro tempo ad una conversione generosa, vera, attenta perché tutti possiamo ritornare a Dio.
La vita di Elia è anche espressione di potenza. C’è appena stata la famosissima “ordalia del Carmelo”, cioè la sfida che Elia ha proposto a tutti i falsi profeti sul monte Carmelo, dimostrando che l’unico vero Dio è il Signore, l’unico che si interessa degli uomini, l’unico che ama gli uomini. L’episodio, che si è concluso in favore di Elia profeta, ha ulteriormente irritato il potere al governo, che perseguita più fortemente Elia che, come in altri momenti della vita, è costretto a fuggire. Ecco allora questo viaggio verso l’Oreb. Oreb, il monte di Dio. Il monte, in tutta la Scrittura, è sempre simbolo della presenza di Dio. “Sul monte il Signore provvede”, dice un proverbio del Primo Testamento, come a dire che è sul monte che Dio si rivela, parla all’uomo, entra in relazione con Lui. Troviamo Elia mentre viaggia verso l’Oreb. Cosa emerge da questo episodio?
Elia è stanco della sua vita e della sua dedizione. La sua preghiera diventa sfogo. La preghiera personale di Elia diventa dialogo con Dio in forma di sfogo. “Ora basta, Signore! Prendi la mia vita perché io non sono migliore dei miei padri!”. Rimaniamo stupiti. Il profeta è appena risultato vincitore del confronto tra profeti, ha appena manifestato la sua potenza, ha appena concluso a suo favore uno dei momenti più importanti della sua vita. Deve fuggire, è vero, ma Elia ha appena avuto un successo clamoroso. Cosa fa il profeta? Si arrabbia con Dio! La sua preghiera chiede niente meno che la morte! Elia si sfoga con Dio perché è stanco, è stufo di fuggire, è stanco di essere perseguitato e, in un dialogo con Dio, sfoga tutto il suo malumore, chiedendo, perfino, di morire.
Elia scopre una presenza misteriosa. Elia, dopo questa accorata preghiera, sente il tocco di un angelo. Ad Elia che soffre perché si sente solo, il Signore risponde facendogli capire che non è solo. Un angelo, il “suo” angelo custode gli si manifesta, lo tocca, gli fa percepire la sua presenza, lo incoraggia. Elia smette di sentirsi solo e capisce di avere esagerato. Il suo sfogo con Dio è però andato a segno, la sua preghiera accorata è stata efficace!
Elia riprende forza con un cibo profetico. Elia, dopo aver sfogato tutta la sua rabbia, sente la voce di Dio che gli chiede di camminare fino al suo monte ma offre anche un aiuto, un cibo del tutto particolare: delle focacce cotte su pietre roventi, dice il testo. Ovviamente sono un rimando all’Eucarestia. Elia non deve camminare da solo: Dio è con lui. Elia non deve pensare al cibo di sostentamento: il Signore gli dona il cibo che lo sosterrà fino alla meta, fino a quando arriverà ad una nuova e più profonda conoscenza di Dio.
La preghiera insistente. Elia cammina per 40 giorni e 40 notti, il che significa che c’è stata una progressione importante nel cammino. Elia ha preso tempo, ha camminato con costanza, ha fatto di tutto quello che gli accadeva un’occasione di conversione, un cammino continuativo nel tempo.
Il dialogo con Dio. Elia, dopo questo cammino, vive la manifestazione più bella della preghiera: un dialogo con Dio. La domanda sembra assurda. Dio gli chiede: “Che fai qui Elia?”. Ma come? Non gli aveva ordinato lui di camminare fino all’Oreb? Sì, certo! Difatti è un pretesto, un modo per entrare in dialogo con il “suo” profeta stanco. Elia partecipa a questa preghiera, dice quello che è successo, dice quello che ha fatto, racconta anche di sé, della persecuzione che lo sta opprimendo, della fatica che sta offrendo. Cose tutte che Dio sapeva benissimo, conosceva a memoria. Eppure Elia gliele racconta tutte. Elia non solo fa questo, non solo si sfoga, ma ascolta. Ascolta la risposta di Dio, ascolta la risposta che Dio gli dona miracolosamente. Risposta che gli fa intuire quello che deve fare, sia a livello personale, sia a livello politico – Elia è il profeta che dialoga con i re – sia a livello di fede – Elia dovrà pensare al suo successore -.
Dialogo e segni. Infine faccio notare che Dio si rende presente non in forme sconvolgenti, non in forme eclatanti, ma “nel mormorio di un vento leggero”, che si oppone al terremoto e al fuoco. Il fuoco è per eccellenza il segno della manifestazione di Dio. In tutto il Primo Testamento è così! Anche nell’ordalia del Carmelo Dio si è manifestato così. È una manifestazione di forza, di potenza. Come anche il terremoto. Vi faccio solo notare che alla morte di Cristo, quando la luce di Cristo viene tolta dalla terra, si scatena un terremoto. Dio, che sceglie alcune manifestazioni di forza, quando si manifesta all’anima sceglie quasi una manifestazione che viene messa alla prova, una manifestazione che passa per le cose leggere, per le cose piccole, per le cose che quasi non si notano, come è il mormorio di un vento leggero. Vi faccio pensare anche all’Annunciazione, che avviene in un contesto di vita assolutamente ordinaria, alla chiamata degli apostoli… tutte pagine che conoscete bene e che potrete andare a riprendere. Così come ci potranno essere utilissimi tutti i brani che stiamo leggendo in questa novena di Natale e in tutti i prossimi giorni di Natale.
L’insegnamento
Insegnamenti preziosissimi per noi. Proviamo a riassumerli.
La preghiera personale è dialogo con Dio. Dialogo che può prendere spunto da quello che ci capita di vivere, da quello che avviene all’interno della nostra esistenza. Per questo può essere necessario, a volte, che perfino ci sfoghiamo con Dio. Non è detto che la preghiera personale sia sempre calma, composta, bella… qualche volta può essere disordinata, forte, espressione di un disagio, espressione di una difficoltà. Qualche volta la preghiera può manifestare a Dio tutta la nostra stanchezza. Perfino la stanchezza di vivere. Lo hanno fatto i profeti – Elia non è il solo – perché non dovremmo farlo noi? Non pensiamo che pregare sia sempre facile. Qualche volta è davvero difficile e qualche volta possiamo introdurci alla preghiera in modo un po’ sostenuto. Senza mai mancare di rispetto a Dio, eppure esprimendoci in modo forte.
Dialogo che deve essere curato. Nei tempi, nei luoghi. Elia non avrebbe potuto dire quello che Dio ha detto e ascoltare da Dio quello che Dio gli ha voluto comunicare, stando in città. Doveva salire sull’Oreb! Il che significa che ci sono tempi e luoghi della preghiera da rispettare. Ecco perché tocca un po’ a noi curare dove, come, quando preghiamo.
La preghiera non è solo parlare con Dio, ma è anche ascolto. Forse ci dimentichiamo di questo e, quando siamo in preghiera, abbiamo la pretesa di parlare solo noi. Spesso anche la preghiera di adorazione, alla quale abbiamo accennato prima, diventa occasione di riversare su Dio una quantità enorme di cose da dire. Ricordiamoci che la preghiera non è mai a senso unico. Dio vuole parlare a noi. Noi dobbiamo saperlo ascoltare. Senza questa preziosa dinamica, non siamo in atteggiamento di preghiera sereno, autentico, vero. Guai se la nostra preghiera fosse solo un depositare nel cuore di Dio le cose che abbiamo in mente, senza lasciarci illuminare da Lui sulle cose dell’esistenza. Sarebbe troppo poco!
La preghiera ha necessariamente bisogno di un cibo. Essendo essa stessa cibo, la nostra preghiera ha bisogno di quel cibo che è l’Eucarestia. Qualsiasi preghiera personale sarebbe incompleta anche nella sua perfezione se non rimandasse all’Eucarestia. La preghiera personale ha sempre bisogno di completarsi con la celebrazione dell’Eucarestia dove la parola di Dio, la parola dell’uomo si fondono insieme e, nel segno del pane consacrato, diventano una cosa sola. Dio sostiene con quel pane del cielo il cammino di chi si affida a lui. Pertanto è vero che senza preghiera personale non si va da nessuna parte, ma è altrettanto vero che la preghiera personale sarebbe assolutamente incompleta se non culminasse in quella preghiera particolare che è l’Eucarestia. Le due cose non sono mai da prendere separatamente. Così mettiamo anche questa scuola di preghiera in correlazione con la precedente, arrivando a capire che la preghiera liturgica, corale, comunitaria, ha necessariamente bisogno e necessariamente rimanda alla preghiera personale, privata, di ciascuno di noi.
La preghiera personale è tutto questo insieme.
Al termine di questa prima sezione della scuola di preghiera, vi invito a riprendere queste quattro serate. La necessità di pregare sempre, le obiezioni e le difficoltà nella preghiera, la preghiera comunitaria e liturgica, la preghiera personale ci hanno aiutato, io credo, a capire che la preghiera è un universo complesso, misterioso, differenziato. Credo che anche questo Natale che si prepara sia davvero occasione per vivere bene la preghiera di fronte alla culla di Gesù bambino. Il compito a casa di questa scuola potrà essere fatto con calma, in tutti i giorni natalizi che ci stanno davanti.
Compito a casa
Da qui al prossimo incontro:
- Come vivo la preghiera personale?
- Quale forma sto usando?
- Cosa mi ha insegnato Elia?
- Quale aspetto della mia preghiera devo curare maggiormente?
- In questo prossimo Natale, quale espressione di preghiera potrò vivere?
Pregare con i salmi
Infine, come ad ogni appuntamento, cerchiamo di pregare con un salmo. Vi consiglio, in questa quarta serata, di pregare con il salmo 6. Il Signore ascolta la nostra voce.
2 Signore, non punirmi nella tua ira,
non castigarmi nel tuo furore.
3 Pietà di me, Signore, sono sfinito;
guariscimi, Signore: tremano le mie ossa.
4 Trema tutta l’anima mia.
Ma tu, Signore, fino a quando?
5 Ritorna, Signore, libera la mia vita,
salvami per la tua misericordia.
6 Nessuno tra i morti ti ricorda.
Chi negli inferi canta le tue lodi?
7 Sono stremato dai miei lamenti,
ogni notte inondo di pianto il mio giaciglio,
bagno di lacrime il mio letto.
8 I miei occhi nel dolore si consumano,
invecchiano fra tante mie afflizioni.
9 Via da me, voi tutti che fate il male:
il Signore ascolta la voce del mio pianto.
10 Il Signore ascolta la mia supplica,
il Signore accoglie la mia preghiera.
11 Si vergognino e tremino molto tutti i miei nemici,
tornino indietro e si vergognino all’istante.