Umili nella Gioia, Perseveranti nella Prova2020-11-04T10:07:55+01:00

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Umili nella Gioia, Perseveranti nella Prova

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Introduzione

Il testo che abbiamo tra mano, ovvero il libro del Siracide, è molto difficile, lungo, composito. Non mi fermo, questa sera, su introduzioni generali che ci farebbero aprire molti orizzonti di discussione più tipici dello studio che non della preghiera. Questa sera, come già nelle lectio divine dello scorso anno, vogliamo, invece, concentrarci molto sulla Parola di Dio dal punto di vista spirituale e lasciare che questo testo parli a noi.

Conosciamo i ritmi e i tempi della lectio divina che già abbiamo dato lo scorso anno ma che, per mia formazione, sono quelli del cardinale Martini che molti di voi hanno imparato dalla sua viva voce.

  1. La lectio. Anzitutto si individua un testo biblico di riferimento che vuole animare la serata, la preghiera, la riflessione. Sarò io a darvi questo testo di riferimento, ma, una volta imparato il metodo, potrete applicarlo a qualsiasi testo biblico vogliate. Di per sé noi abbiamo imparato ad applicarlo al Vangelo, ma ciò non importa: essendo un metodo esso può essere applicato allo studio di qualsiasi testo biblico e, quindi, anche di questo testo dell’Antico Testamento.
  2. In questo secondo momento dell’esercizio di preghiera comunitaria, è un po’ compito mio far parlare il testo e cioè, in base alle sottolineature proposte dalla lectio, leggere, spiegare, alcune dimensioni che sono emerse e che interessano la riflessione. È un lavoro di lettura nel profondo. Se la lectio identifica gli elementi del racconto, la meditatio cerca di far parlare gli elementi che sono stati sottolineati.
  3. Proprio come i bovini, che dopo aver molto mangiato rimasticano di nuovo ciò che hanno ingerito, così il fedele che pratica la lectio, in un tempo di silenzio questa volta personale, cerca di ritornare sulla lectio e sulla meditatio, confrontando gli spunti personali con quelli che il predicatore ha predisposto e cercando differenze, congruenze, oppure lasciandosi illuminare da cose che, di per sé non aveva notato ma che sono assolutamente indispensabili anche alla lettura e per la riflessione personale.
  4. Dopo aver svolto tutto questo lavoro, ci si ferma. Non si scava più nel testo, non ci si trattiene più, non si approfondisce più, ma ci si concentra solo sul mistero di Dio e si cerca di contemplare un tratto, un aspetto di questo mistero, introdotti dalla lectio proposta. Per vivere bene questo momento occorre essere in un luogo isolato, dove c’è silenzio, dove c’è possibilità di concentrazione, dove c’è spazio per stare davanti a Dio. Noi siamo fortunati perché, in questo momento comunitario, abbiamo la chiesa a disposizione e, quindi, siamo aiutati e favoriti anche dalla presenza eucaristica, che è pur sempre un richiamo e un aiuto per la nostra concentrazione.
  5. In questo momento può nascere, o è bene che nasca, anche una preghiera personale, dettata dalla propria riflessione. Preghiera che possiamo scrivere, per meglio cercare di vivere il momento che stiamo vivendo, o l’intuizione spirituale che ci è stata consegnata nella preghiera, o qualsiasi altra dinamica spirituale che è stata fatta oggetto della nostra conoscenza interiore.
  6. Ogni momento di meditazione con il testo biblico, deve poi cercare anche un riscontro concreto, una “actio”, un’azione che ci viene suggerita, proposta o che vogliamo tutti eleggere. Anche questo compito, nell’esercizio comunitario della lectio, sarà un po’ compito mio. Occorrerà poi il tempo dei giorni che separano un incontro con l’altro, circa un mese, per vivere questa actio e per cercare di trarre frutto non solo personale ma anche comunitario di quanto abbiamo detto. Per tutti coloro che, poi, sono parte di un gruppo, di un’associazione o di un movimento, ci sarà, poi, anche il tempo di raduno per confrontarsi sulla stessa Parola e sui diversi echi che essa ha avuto in ciascuno di noi.

Come si vede il lavoro è serio, metodico, composito e anche complesso. Sarà facilitato in questo metodo chi non partecipa per la prima volta a un corso di lectio divina, ma tutti ci potremo arrivare.

Un ultimo consiglio per vivere bene la lectio: sarebbe bello leggere qualcosa dell Siracide oltre i testi che proporremo. Certo è difficile leggere questo libro tutto di fila, ma almeno qualche passo vi consiglierei vivamente di leggerlo, anche per capire bene con chi abbiamo a che fare e perché la sua sapienza è stata scelta dal nostro Arcivescovo per vivere bene e con frutto questo anno pastorale.

L’OTTIMISMO DEL SIRACIDE

Come ulteriore piccola introduzione possiamo dire che il Siracide è un sapiente ottimista, un sapiente che, nel suo tempo, ha saputo confrontarsi con le cose che accadevano, alla luce della tradizione di Israele ma anche con la forza di altri elementi di sapienza del suo mondo, tra i quali la sapienza del mondo greco. Il Siracide è un uomo che, dopo aver molto viaggiato e dopo aver molto imparato, come ci dice lui stesso nel capitolo 33 del suo libro, torna con piacere a considerare le cose che la sua tradizione di fede gli ha consegnato e vive un atteggiamento di profondo ottimismo per mettersi a confronto con i problemi del suo tempo. Credo che sia proprio questo il tema che farà da filo rosso per le nostre lectio divine di quest’anno. Noi non siamo in un tempo facile. Credo che la più bella definizione sia quella che ci ricorda che siamo in un tempo “inedito”, cioè in un tempo con caratteristiche così peculiari e con le quali mai nessuno ha avuto a che fare. Come affrontare questo tempo? Io credo proprio con quell’ottimismo di cui il Siracide, in generale, parla nella sua opera. Senza questo ottimismo saremo perduti!

SIR 2, 1-18 STRUTTURA DEL TESTO: APPUNTI PER UNA LECTIO

Cominciamo ad entrare nel testo che prendiamo in esame questa sera per cominciare a capire cosa esso vuole dirci.

Anzitutto, per vivere la lectio, guardiamo ad una possibile struttura del brano che poi riprenderemo e commenteremo.

V 1:                 incipit e annuncio del tema generale

  1. 2-9: invito a fidarsi di Dio

vv  10-11:                   il fondamento: la fede dei padri

  1. 12-14: i guai
  2. 15-17: il comportamento dell’uomo di fede

v 18:                           conclusione generale.

COSA DICE IL TESTO: APPUNTI PER UNA MEDITAZIO

Il versetto 1: PREPARATI ALLA TENTAZIONE.

Se ci domandiamo come affrontare un percorso di fede, cosa aspettarsi da un percorso di fede, risponderemmo in molti modi, ma tutti improntati a farci capire la bellezza del credere, la necessità di avere un percorso serio per formare la nostra fede; parleremmo della gioia di sentirsi comunità, del vedere altri che, come noi, si immergono in un percorso di fede; tenderemmo ad esaltare questa o quest’altra esperienza.

La sapienza del Siracide è di tutt’altro avviso. “se ti presenti per servire il Signore, preparati alla tentazione”. Il sapiente è lapidario. Perché dice questo? Perché Gesù ben Sira, questo il vero nome del Siracide, è un uomo di fede che basa la sua argomentazione non solo sulle proprie conoscenze ma, soprattutto, sulla propria esperienza. Il Siracide rilegge il proprio percorso di fede e scopre che mettersi a servire il Signore significa, necessariamente, andare incontro alla tentazione. Come dire: il demonio non sta certo inoperoso quando un’anima si mette davanti a Dio e cerca di impegnarsi per seguirlo. È il discorso che anche Gesù affrontava domenica scorsa nella parabola del seminatore. È sapienza il sapere che un percorso di fede non è solo una serie di cose piacevoli, non significherà mai andare avanti per la propria strada senza trovare intoppi. Chi si presenta per servire il Signore sa che la sua disponibilità sarà messa alla prova.

I versetti 2-9: INVITO A FIDARSI DI DIO.

Come si reagisce alla tentazione? Appurato che un percorso di fede introduce nel tempo della tentazione, come si reagisce ad essa? Ecco i vv 2-9: l’invito a fidarsi di Dio plasmando un modo di vedere le cose e di comportarsi che sia degno di un uomo di fede.

  • RETTITUDINE E COSTANZA: sono le prime indicazioni. Rettitudine che significa avere punti di riferimento certi per il proprio agire; costanza che significa non interrompere il cammino di fede, mai, per nessun motivo. (v2)
  • UMILE UNIONE A DIO: sono le prime conseguenze. Umiltà nella preghiera che è ciò che permette di rimanere sempre legati ad un profilo di normalità nelle ore liete, quando non occorre super-esaltarsi per qualsiasi gioia, o, al contrario, abbattersi oltre misura quando le cose vanno male. È l’atteggiamento dell’umile gioia del credente che rimane costante qualsiasi cosa capiti nella sua vita. (v3).
  • PAZIENTE ACCETTAZIONE DELLE SITUAZIONI: ben sapendo che Dio è sempre presente in ogni istante dell’esistenza e che nessun istante mai è senza la sua paziente e perseverante cura, il credente va avanti, accettando la gioia come compagna di molti giorni, non meno che il dolore che, invece, è il protagonista di altri. (v4).
  • LA PAZIENZA NELLA PROVA: il Siracide è convinto che ogni cosa ha la sua prova. Come si prova l’oro per purificarlo nel crogiuolo, così il crogiuolo della vita sono i dolori che ogni uomo vive, le difficoltà che ogni uomo sperimenta, le tentazioni, come diceva poco più sopra, attraverso le quali uno passa. Il sapiente che si mantiene umile nelle ore della gioia, sa rimanere perseverante e confidente nelle ore del dolore. È il cuore di questa prima lectio che il Siracide ci regala. Umili nella gioia, perseveranti nel dolore. Chi vive un percorso di fede serio si comporta così. Non attribuisce mai a Dio nulla di ingiusto, proprio per questo! (v5).
  • UN UMILE AFFIDAMENTO: per questo il Siracide propone un atteggiamento di affidamento come risposta alle cose della vita, sia quelle dolorose che quelle liete. Solo nell’umile affidamento sta quella sapienza del credere che rende bella ogni esistenza. (v6).
  • UN INCONTRO CON LA MISERICORDIA DI DIO: chi fa un’esperienza di fede di questo genere, incontra la misericordia di Dio che perdona il peccato e sostiene nel momento della gioia. (v7)
  • UN INVITO A CONFIDARE IN DIO: il Siracide conclude questa prima sezione con l’invito a rimettersi nelle mani di Dio, qualunque cosa capiti. Questa è la sapienza del credente! (vv 8 e 9).

I versetti 10-11: IL FONDAMENTO: LA FEDE DEI PADRI.

Cosa fonda la fede che spinge a comportarsi in questa maniera sopra descritta? Il Siracide è molto preciso al riguardo: l’esempio della fede dei padri. Chi ha creduto nel Signore ed stato trascurato? Chi si è affidato a Dio ed è stato abbandonato? In questo il Siracide è davvero l’eco di molti salmi. Moltissimi salmisti hanno inneggiato a Dio che non abbandona nei momenti nella prova. L’umiltà che è richiesta nei momenti difficili è sostenuta dalla storia. Credo che questo insegnamento di sapienza sia stato molto comune anche nella fede cristiana e per generazioni. Fino ai nostri nonni era chiaro il richiamo ai “vecchi” che, essendosi affidati a Dio non sono stati delusi. Quello che occorre è, dunque, un esercizio della memoria perché dalla memoria venga un sentimento che radica ancor più nella fede e rende sicuri i propri passi.

I versetti 12-14: I GUAI.

A questa constatazione della fede segue una piccola invettiva, una serie di “guai”.

Guai ai cuori pavidi, guai al cuore indolente, guai a voi che avete perduto la pazienza”, cioè guai a chi ha iniziato un cammino di fede e, poi, successivamente, è venuto meno nel proprio impegno di fede, nel proprio tentativo di seguire il Signore. Questa formula con cui si pronunciano dei “guai” è molto frequente in tutto l’antico testamento, ma non è sconosciuta nemmeno al nuovo: basti pensare anche alla predicazione delle beatitudini secondo San Luca. È un modo di argomentare che vuole insegnare a tutti che quando si abbandona Dio, il cammino dell’uomo diviene più incerto. Se volete, detto in positivo, è un modo per dire a tutti che occorre essere saldamente radicati in Dio per gustare i frutti del proprio cammino di fede. È un invito, detto ancora in altri termini, a vivere quella radicalità della fede che è foriera di promesse benedicenti. Beato il cuore coraggioso, beato chi si fida di Dio, beato chi rimane fedele a Dio anche nella prova. Potremmo tradurre così queste parole, che, come vedete, sono un chiaro invito a fidarsi di Dio, nonostante quello che capita. Un messaggio attualissimo che, purtroppo, vediamo largamente disatteso da molti. Anzi, in moltissimi, appena c’è qualcosa che non va, se la prendono con Dio, buttando contro di lui ogni genere di pensiero o, peggio, di insulto.

I versetti 15-17: IL COMPORTAMENTO DELL’UOMO DI FEDE.

Con tre precise caratteristiche il Siracide descrive il comportamento dell’uomo di fede che si affida alle mani di Dio e diventa umile nella gioia e perseverante nella prova: Chi teme il Signore

  • non disobbedisce alla sua parola;
  • cerca di piacergli;
  • tiene pronto il cuore.

Tre atteggiamenti molto pregnanti, riassuntivi di uno stile di vita intensamente improntato alla fede. Chi vuol essere “figlio di Dio”, obbedisce alla parola, vuole piacere al Signore e tiene pronto il cuore per vivere la prova con pazienza e perseveranza. Credo che sia il secondo atteggiamento proposto quello riassuntivo di tutto e che deve spingerci a chiederci: io voglio piacere al Signore? Forse questo tipo di domande era presente in una generazione che non c’è più. Forse era la domanda che ha ispirato la regola di vita di tanti santi del passato che hanno cercato di piacere a Dio in tutto ciò che hanno fatto. Oggi vogliamo piacere, più che altro, a persone concrete. Al fidanzato come alla moglie, al capo come ai figli… potremmo andare avanti a lungo a cercare di rispondere a questa domanda. Credo però che tornare alla domanda originaria, anche se è desueta per i nostri tempi, abbia una sua sapienza. Piacere a Dio dovrebbe essere il desiderio di ogni uomo, di ogni credente. Piacere a Dio dovrebbe essere quel filo rosso che ci guida nei diversi momenti della nostra esistenza, se vogliamo dirigerci decisamente verso quella bellezza di vita eterna che rimane come meta della nostra esistenza.

Il versetto 18: LA CONCLUSIONE GENERALE.

Il Siracide chiude poi questo capitolo secondo con una massima: “gettiamoci nelle mani del Signore”. Questa sapienza è stata vissuta da molti personaggi, per esempio potreste andare a leggere l’atteggiamento di Davide nel censimento del popolo di Israele, quando Davide stesso ,al termine di quella vicenda piuttosto triste afferma: “meglio cadere nelle mani del Signore che in quelle degli uomini”, o anche la storia di Sansone, o molti altri passi dell’antico testamento che riportano a questa sapienza generale.

Credo che la cosa fondamentale sia quella di comprendere l’invito del sapiente che ha spiegato, per tutto il capitolo che anche noi abbiamo analizzato, che chi “si arrende” per così dire, al Signore, trova benedizione e misericordia.

Questa sapienza non mi sembra essere certamente la sapienza che oggi viene utilizzata da noi! Anzi, nel nostro mondo mi pare che si vada proprio in ben altra direzione!

Al termine di questa prima lectio su questo testo del Siracide, credo che questa ultima preziosa indicazione possa introdurci nell’oratio.

QUALCHE DOMANDA: APPUNTI PER UNA RUMINATIO

Anzitutto comincerei con il chiederci:

  • Mi aspetto di entrare in un tempo di tentazione quando mi dispongo a vivere itinerari più intensi di fede?
  • Anche partendo per questa lectio, come mi dispongo a sostenere qualche tentazione aggiuntiva?

Sulla sezione 2-9:

  • Mi sento in sintonia con questo insegnamento?
  • Quale sento più vicino?
  • Quale più lontano?
  • Quale spunto di conversione traggo?

Sui v 10- 11:

  • Certo anche noi abbiamo ricevuto, dalla nostra storia, il medesimo insegnamento e potremmo dire di persone che, essendosi affidate a Dio, non sono state abbandonate. Chi potrei richiamare alla mia memoria?

Sui vv 12-14:

  • Sono anche io un cuore pavido e indolente, uno che perde quella “pazienza”, cioè quella capacità di sopportare le cose della vita, perché è in esse che si rivela il mistero di Dio?

Sui vv 15-17:

  • Voglio piacere al Signore nella mia vita?
  • A chi altri voglio piacere e chi cerco di compiacere?

UNA PREGHIERA: APERTURA ALL’ORATIO

Signore, concedi anche a me di consegnarmi sempre nelle tue mani, per essere paziente nelle prove e perseverante in esse e sobrio nei momenti di gioia della vita. Te lo chiediamo per Cristo, nostro Signore, tua Parola e Sapienza incarnata. E così sia.

UNA PROPOSTA: APPUNTI PER UNA POSSIBILE ACTIO

Per il prossimo mese oserei proporre, come inizio per l’actio del mese, di riprendere gli spunti dell’invito a fidarsi di Dio per verificare un po’ se stessi e comprendere che noi, non sempre, siamo capaci di affidarci a Dio, o di fidarci di Dio. Direi di riprendere proprio le tracce per farne quasi un esame della coscienza, e scrivere cosa si oppone dentro di noi quando parliamo di fiducia in Dio.

Credo che tutto questo potrà tornarci utile per il cammino di avvento, che è il tempo nel quale noi tutti siamo invitati a fidarci del Dio che si fa carne.

Una seconda actio, molto più facile, direi che deve consistere nel pensare a qualche figura della nostra storia che noi abbiamo visto essere animata dalla sapienza che ci è stata descritta, qualche persona che si è consegnata a Dio e che non è stata delusa, qualcuno, in concreto, che ci possa testimoniare, con la vita, il valore di questa parola letta, meditata, contemplata questa sera.