Introduzione generale2021-09-23T23:31:36+02:00

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Introduzione

La lectio divina di quest’anno ci propone un oggetto di studio molto intenso. Si tratta dei capitoli 13-17 del Vangelo di Giovanni che sono un “pezzo forte” della teologia giovannea e, certamente, un unicum della teologia del nuovo testamento. In questa serata vorrei tracciare alcune questioni preliminari che ci aiuteranno ad entrare in sintonia con questo testo e a comprenderlo. Non suggerirò nessun brano particolare come invece sarà nelle successive 7 tappe della lectio. È bene, però, conoscere tali questioni perché ci aiuteranno a capire il contenuto di quanto leggeremo dal Vangelo nelle prossime volte.

Data

Anzitutto la datazione del Vangelo: come forse sappiamo uno dei primi autori, in termini cronologici, del nuovo testamento è San Paolo, che scrive alcuni brani delle sue lettere intorno all’anno 40 e, insieme a lui, San Matteo, che inizia molto presto la sua opera. Insieme, poi, si muoveranno tutti gli autori sinottici. Possiamo dire che, intorno al 60 d.c. gran parte del materiale che diventa poi oggetto della revisione per la creazione dei vangeli è formato. San Giovanni, invece, scrive più tardi. Possiamo dire che, intorno al 70 d.c. sono presenti solo alcune pagine di quelle che poi diventeranno i capitoli del quarto Vangelo. Il resto è posteriore. Sappiamo che Giovanni ebbe vita molto lunga e che scrisse, quindi, molto più tardi degli altri autori. La riprova è che troviamo alcune pagine che riflettono eventi che gli altri evangelisti non conoscevano al momento della scrittura dei loro testi. Eventi che hanno portato Giovanni a ripensare alla sua narrazione, ricordando la predicazione del Signore attualizzata a quei contesti particolari che erano emersi.

Il destinatario

Questo fa anche sì che il destinatario dell’opera sia diverso da quelli tenuti in grande considerazione dagli autori sinottici. Se Marco pensa ad una serie di catecumeni, cioè di persone che si stanno affacciando alla vita della Chiesa e desiderano conoscere il Signore prima di aderire alla nuova vita di fede; se Matteo scrive soprattutto per coloro che dovranno essere missionari dell’amore di Dio e, quindi, per gente già formata che prende un incarico nella comunità perché il vangelo si diffonda e venga annunciato a coloro che non hanno conosciuto il Signore; se Luca scrive per chi, nella comunità desidera o è incaricato di essere catechista ed ha un compito di insegnamento; Giovanni scrive per il presbitero, ovvero per il credente che vuole conformare la sua vita a quella di Cristo. Questo spiega perché le pagine di Giovanni sono così costruite e così ricche di teologia ad altissimo livello. Ovviamente le due questioni sono da unire insieme. Giovanni scrive dopo gli altri evangelisti ed ha di fronte una comunità cristiana che ormai si è formata, che si sta strutturando o che, in alcuni casi, si è già strutturata, si è già data dei compiti, si è già ben delineata, e vuole dare uno strumento di riflessione e di approfondimento della fede. Le pagine che leggeremo sono l’apice di questo percorso di approfondimento della fede e saranno, per tutti, un invito ad entrare con occhio sempre più penetrante nelle grandi dinamiche della fede in Cristo.

Contesto narrativo

Ci poniamo ora la domanda più decisamente centrata sulle pagine che ascolteremo nelle prossime serate. C’è un contesto narrativo proprio o particolare per questi capitoli? Subito dobbiamo dire di sì. Chi è già stato pellegrino in terra santa potrà anche visualizzare, nei propri ricordi, il contesto narrativo di queste pagine. Tutti i capitoli che affronteremo hanno come scenario Gerusalemme in un punto molto particolare: la valle del Cedron, che divide il monte di Sion, dove troviamo il cenacolo dove hanno inizio queste pagine, dal monte degli ulivi, dove sono ambientate le altre scene che contempleremo. In mezzo c’è la valle di Giosafat, dove, secondo le profezie, si raduneranno gli “eletti” nell’ultimo giorno, per l’ingresso trionfante del Signore nella città di Sion. Questa collocazione particolare ci aiuta anche ad inquadrare meglio l’intero Vangelo di Giovanni. Per schematizzare al fine di favorire la comprensione, potremmo dire che, mentre i primi 12 capitoli sono chiamati “il libro dei segni” ed hanno per tema Gesù mandato dal Padre per rivelare il suo volto, i capitoli dal 13 al 21 vengono definiti: “ il libro della gloria” e, in esso, i capitoli 13-19 sono tutti dedicati al ritorno di Gesù al Padre. I capitoli 20 e 21 saranno quelli dedicati alla Pasqua e ai segni della presenza del risorto. Dunque noi ci troviamo nel libro della gloria, nei capitoli che parlano del ritorno del “Figlio dell’uomo” al Padre. Questo spiega anche la particolare attenzione di Gesù mentre dice queste parole e compie i gesti che le accompagnano. Gesù vuole arrivare al cuore dei suoi discepoli, al cuore di coloro che mangeranno la Pasqua con lui e che saranno i testimoni della sua morte e della sua risurrezione. Ecco perché ci aspettiamo di trovare, dunque, parole molto diverse dal solito, parole che non vogliono essere come quelle del ministero dove il destinatario della predicazione e dei segni che l’accompagnavano, era ogni uomo ed ogni donna.

La gloria

Sempre come introduzione dobbiamo anche specificare che il vangelo di Giovanni è tutto una tensione alla “gloria”, all’ora della “glorificazione”. Cosa intende dire San Giovanni con queste parole e perché vuole condurre il suo lettore proprio a questo punto? San Giovanni già dalla poesia del prologo spiega al suo lettore che egli è ben consapevole che il Figlio di Dio è stato mandato nel mondo, ha “assunto” la natura umana per un compito preciso: condurre l’uomo alla redenzione, che si attua nella sua volontaria morte di Croce. L’”ora” della passione e morte del Signore sono, quindi, il centro di tutta la sua vita, segnano il momento fondamentale della sua venuta, spiega il senso della sua missione presso gli uomini. La scena della Crocifissione alla quale Giovanni dedica ampio spazio nella sua opera, è il cuore del suo Vangelo. Gesù ha voluto condurre tutti lì, a quel luogo, il Golgota, a quell’ora, l’ora nona di quel venerdì di parasceve che noi chiamiamo più familiarmente “santo”. È qui che si vede la “gloria” di Dio, è qui che si vede la sua regalità, è qui che splende, per un’ultima volta quel desiderio di servire l’uomo che il Cristo aveva attuato in ogni singola dimensione del suo ministero, ovvero in tutto quel libro dei segni che è stato premesso al momento della sua gloria. Se avete presente, anche nel capitolo secondo, il primo miracolo di Cana, quello delle nozze, Gesù. Rispondendo a sua madre, aveva detto: “non è ancora la mia ora”. Gesù, dunque, ha condotto pian piano i suoi amici, i discepoli, la sua stessa Madre, a quel momento di rivelazione massima, a quel momento di massima espressione della sua natura e della sua identità. Anche noi vorremo rileggere queste pagine intense  tenendo conto di questa prospettiva del tutto particolare. I discepoli, in questi capitolo, non saranno però spettatori, destinatari di un monologo di Cristo, ma saranno attori anche di queste pagine, ecco perché procedono molto lentamente. Il discepolo interviene, chiede, riflette e Gesù dà il tempo per capire, per comprendere, per adeguarsi al cammino.

La cronologia

Con quale ordine procedono queste pagine? Noi ascolteremo pagine che hanno una precisa cronologia e propongono spostamenti fisici da Sion verso la valle del Cedron e sul monte degli Ulivi che spiegano molto bene anche la cronologia della Pasqua, questione fondamentale in tutti i Vangeli. Nei testi che ascolteremo ci sono tre punti di cesura chiari e definiti che dividono le sezioni narrative:

  1. L’uscita di scena di Giuda, che cena con i discepoli ma poi, come sappiamo, uscirà da quel contesto e andrà a consumare quello che noi chiamiamo il tradimento del Signore. È una pagina veramente drammatica ed è una prima cesura dei capitoli che leggeremo;
  2. Gv 14, 31, Gesù dice: “alziamoci e andiamo via di qui”. Sembra che si concluda un discorso e, invece, sorprendentemente, ci accorgeremo che dura molto a lungo ancora.
  3. La terza cesura è quella dell’inizio del capitolo 17, quando Gesù inizia una preghiera propria e del tutto particolare al Padre, quella che normalmente viene chiamata “la preghiera sacerdotale”, anche se molti esegeti, ora non la definiscono più in questo modo.

Come si vede queste pagine, che sono il testamento del Signore, procedono in una maniera molto costruita e pensata appositamente per la grande verità che devono trasmettere. Non sono un discorso scritto di getto, ma una struttura altamente teologica perché non perda senso il contenuto spirituale su cui intendono far riflettere e che devono trasmettere.

La cena

La prima pagina su cui mediteremo sarà quella della lavanda dei piedi. Come sappiamo essa è contenuta nel contesto dell’ultima cena ma San Giovanni non ci parla della cena in sé. Giovanni, cioè, non ci racconta l’istituzione dell’Eucarestia, ma preferisce concentrarsi su questa pagina tutta piena di amore, di servizio, di vicinanza, di comunione tra uomini in vista di una missione di amore. Perché? Appunto perché Giovanni, scrivendo in epoca ormai tarda, semplicemente presuppone quello che tutti ormai vivono. Mentre gli altri evangelisti hanno sentito l’esigenza, insieme con San Paolo, di spiegare il momento dell’istituzione del Sacramento, Giovanni è più preoccupato di dire il suo senso spirituale e di ricercare il significato di quello che tutti i fedeli sono chiamati a vivere. Ecco il senso della lavanda dei piedi, che, appunto, è il servizio. Il servizio cristiano nasce da quel gesto di Gesù e si rialimenta continuamente all’Eucarestia. A questo gesto è presente anche Giuda, di fatti, quella che poco sopra abbiamo indicato come la prima cesura del testo, è posteriore a questo evento. Giuda esce dalla scena dei discepoli dopo che Gesù ha lavato loro i piedi e celebrato con loro la cena.

La dimensione intracomunitaria

Da qui nasce il primo problema sul quale Gesù invita a riflettere e per il quale i discepoli domandano. Come è possibile continuare a far parte di questa comunità senza Gesù? Come sarà possibile continuare ad andare avanti nel suo nome, senza la sua presenza? Che dimensione prenderà la loro comunità di discepoli quando il Signore non ci sarà più? Ecco tutta la prima parte dei dialoghi del Signore Gesù dopo la prima cesura del testo. Come ho già detto anche il Signore pazienterà molto per spiegare ai suoi discepoli ciò che non sembrano capire facilmente. È uno dei due punti focali di tutta questa sezione, perché la vita della comunità cristiana, la vita dei credenti nel loro insieme è uno dei punti fondamentali su cui l’apostolo intende far riflettere. Giovanni, che scrive per una comunità cristiana che ormai si è formata, vuole aiutare tutti a riflettere sul momento fondativo di questa unione e sulla grande ricchezza che ogni comunità ha in sé.

La dimensione ad extra

L’altro punto di vista fondamentale è quello della comunità “ad extra”, cioè rispetto al “mondo”. Come vive la comunità cristiana nei confronti del mondo? Cosa deve fare la comunità dei credenti verso tutti? Quali sono i rapporti che occorre tenere? La domanda è molto forte ed importante anche per noi oggi. Il rapporto chiesa mondo è sempre un tema da affrontare in ogni epoca storica, perché è un rapporto sempre in evoluzione. Giovanni conosce il tempo della persecuzione, il tempo in cui la fede cristiana non è la religione ufficiale dell’impero e, per questo, viene osteggiata in tutti i modi. Giovanni retrodata al prologo della sua opera la sintesi che vale sempre, per ogni epoca storica, per ogni momento della vita dell’uomo: la luce di Dio non viene accolta dalle tenebre. Tenebre che cercheranno di distruggerla e di sopraffarla, ma non ci riusciranno. Gesù, in questi ultimi dialoghi, aiuta i suoi discepoli a riflettere su un rapporto che è vitale per la chiesa stessa.

L’assenza di Gesù

Così tutti i credenti, grazie alla riflessione prodotta, potranno capire come vivere la propria fede in assenza del Signore. È così, con questi dialoghi, sorretti da queste ultime parole del Signore, che il discepolo impara a vivere nel tempo. Tempo che non sarà altro che l’attesa del ritorno del Signore. Questi temi sono temi che torneranno nel corso degli altri scritti di San Giovanni: le lettere e l’Apocalisse. Soprattutto questo ultimo scritto di Giovanni, che è anche l’ultimo scritto del nuovo testamento, avrà per tema proprio questo: quale rapporto vivere come Chiesa con il mondo? Come prepararsi al ritorno del Signore? Cosa sopportare in attesa che il Signore torni? Come non perdersi?

Conclusione

Con queste brevi linee vorrei che affrontassimo la lectio divina di quest’anno. La domanda finale che Giovanni pone con questi capitoli è attualissima anche per noi.

  • Come dobbiamo stare nel nostro tempo?
  • Come siamo chiamati a vivere la fede oggi?
  • Che ruolo abbiamo noi rispetto al mondo nel quale abitiamo e nel quale siamo chiamati ad essere come luci che risplendono?

Ecco l’attualità dei testi che il nostro vescovo ci ha proposto e che vogliamo studiare con calma nelle prossime serate. Queste domande possono essere contestualizzate sia genericamente rispetto al tempo che stiamo vivendo in generale, ma anche rispetto alla situazione di pandemia che, comunque, ancora non abbiamo risolto. Credo che sia importante fermarsi a riflettere anche su questo.

Ora esporremo il Sacramento Eucaristico. Lasciamo che sia il Signore a guardarci in un dialogo semplice, nel quale non mettiamo a tema altro se non il desiderio di invocare, custodire la Parola che è lo stesso Verbo della vita che San Giovanni ci trasmetterà.

Buona preghiera.